ALFREDO RAPETTI MOGOL

Cemento
Rapetti_Finestre
Rapetti_LetteraBianca
Rapetti_LaMiaAnimaAma
Rapetti_IoeTe
Firma_Rapetti

BIOGRAFIA

Alfredo Rapetti Mogol (Milano, 1961) è stato introdotto fin da giovanissimo nell’ambiente artistico milanese grazie prima di tutto al clima famigliare, dedito da generazioni all’arte della musica, letteratura e poesia. Dopotutto, il nonno Mariano e il padre Giulio (in arte Mogol) erano parolieri: Alfredo ha fin da subito seguito il loro stesso percorso, firmandosi con lo pseudonimo di Cheope e componendo numerose canzoni con famosi personaggi della scena musicale italiana.

Una volta affermatosi nel panorama musicale, Alfredo Rapetti ha sentito l’esigenza di dipingere per riuscire ad esprimere completamente la propria personalità. Il suo linguaggio artistico ha iniziato a svilupparsi a partire dall’unione della pittura con la scrittura, attraverso la tecnica dell’impuntura: la sua scrittura emotiva è diventata opera d’arte, proseguendo il percorso, tracciato nei secoli nella storia dell’arte, della scrittura pittorica. Le prime opere sono state caratterizzate da superfici monocrome nere o bianche, sulle quali stendeva delle scritture apparentemente prive di senso letterale. Questi segni volevano rappresentare la memoria perché “senza scrittura non saremmo nulla, non sapremmo neanche da dove veniamo, non avremmo testimonianze del passato […] tutte le cose importanti della vita sono scritte”. A partire da queste prime opere, Rapetti ha evidenziato come l’arte sia il mezzo attraverso il quale si attiva un processo di partecipazione fisica ed emotiva: si tratta di un complesso sistema lirico di segni e sensazioni che dallo sguardo giungono alla parola.

Successivamente, Rapetti ha elaborato una nuova concezione di parola dipinta, denominata “parola scomposta”. Attraverso questa tecnica, l’artista scomponeva le parole in sillabe o singoli sintagmi sul supporto pittorico, quale poteva essere la carta, la tela, il piombo o il marmo. Nonostante il messaggio venisse inizialmente celato allo spettatore, Rapetti invitava il pubblico a decodificare il significato segreto dell’opera. In questo modo, le parole scomposte potevano essere analizzate nella loro natura più intima e nascosta per rivelare dei significati inediti.

Spesso ha ricorso alle frasi “L’anima resta” o “Che sei nei cieli” o “Io sono io” o “L’arte non ha fine”, per citarne alcune: questa scomposizione poteva far smarrire lo spettatore e contemporaneamente farlo ritrovare in una nuova dimensione che pone grande attenzione al peso e al significato nascosto delle parole. In questo modo, Rapetti ha introdotto un’importante riflessione sulle opere di arte contemporanea: prestando un po’ di attenzione a quelle opere che appaiono lontane dal nostro comune immaginario, l’arte si può svelare, permettere allo spettatore di decodificare il messaggio e farlo immergere in una nuova concezione di arte.

Oltre ad essere divenuto parte del gruppo Signes et Traces, fondato da Riccardo Licata nel 2004, il percorso artistico di Rapetti è stato costellato di numerose partecipazioni a mostre personali e collettive, ma anche a manifestazioni internazionali di spessore – quali ad esempio presso la Fondazione KMG di Berlino, la Fondazione Ideazione di Roma, la Galleria Maretti di Montecarlo, la Ca’ D’oro di Roma, il Grand Palais di Parigi, il MAR’S di Mosca, Palazzo Strozzi a Firenze, il Museo Permanente di Milano e la Biennale di Venezia per citarne alcuni.