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Luca Alinari: una dichiarazione di poetica

Nel 1968-’69 Luca Alinari è a Londra, dove conduce una vita povera e quasi vagabonda. Già da alcuni anni ha deciso di essere un artista e nel Regno Unito conferma  la sua vocazione. Comincia col dipingere tempere materiche, oggi introvabili. Tornato in Italia, tiene una prima mostra di disegni. Affascinato dal Dada, passa poi a fotocopiare immagini fotografiche, ottenendo ogni volta suggestivi effetti estetici differenti, come sbavature e sfumature imprevedibili, dalle quali nascono gigantografie applicate su pannello o zinco e su cui interviene con il colore spargendo la polvere dei gessetti. Queste opere, una quarantina circa, non sono più in circolazione, perché tutte acquistate da un collezionista, ma eccezionalmente una è stata ritrovata tra i lavori del maestro. Si tratta di Duchamp (1969), una “chicca “ impareggiabile che il gallerista Stefano Pausa ha voluto esporre nella personale dell’artista Ultimo viaggio ipnotico. Il titolo significativo, già utilizzato per tele degli anni Settanta, si riferisce a un dipinto del 2015 presente in mostra: un paesaggio calato nel nero. Ogni vocabolo ha un preciso significato, ricavato dall’esperienza e dal pensiero di Alinari: “ultimo” ha una valenza forte, indica la cosa successa più di recente; “viaggio” perché è una parola esistenziale, tutto è un viaggio, anche un’emozione, la vita stessa, la ricerca artistica, un percorso in cui si può anche sbagliare, andare avanti e tornare indietro, volare nella propria stanza o a pochi metri da casa; “ipnotico” perché l’artista ha sempre amato l’idea dell’ipnosi, cioè di non essere padrone di sé per un momento, ma di venire soggiogato da una forza trascinante, una sorta di spirito dionisiaco che lo guidi, per perdersi e poi tornare. Questa energia potrebbe essere l’arte stessa, il risultato estetico giusto.

Il maestro ha sempre dipinto a seconda del momento in cui si è trovato a vivere. Ecco allora la forza dell’adolescenza, la frustrazione dei vent’anni… fino alla lucidità dei 60. Senza voler ubbidire a un sistema, per cui occorre reiterare costantemente le stesse formule. Per questo attinge ancora oggi alle intuizioni dei suoi 18 anni, riprende percorsi che non ha ancora esplorato fino in fondo, riscoprendo l’idea della varietà dell’opera, ma allo stesso tempo anche della sua unità nell’unità dell’io. Così, per esempio, la mostra permette di seguire la formidabile evoluzione negli anni dei suoi paesaggi, tra i lavori più amati dalla critica e dal pubblico

I titoli di molti dipinti  (Io con te contro me, 2016; Con te contro me, 2017), alludono alla relazione amorosa e sono ricchi di riferimenti ed echi letterari. Alcuni autori sono imprescindibili per l’artista che rilegge in continuazione i loro versi. E’ il caso di Eugenio Montale o Giuseppe Gioacchino Belli di cui sono famose le poesie in vernacolo romanesco. La storia dell’arte è studiata e amata: in esposizione un d’après, come Psiche del 2010, in cui Alinari si appropria di un’immagine attorno alla quale crea una superficie materica particolare, argento chiaro, e da una finestra dipinta si scorge un suo inconfondibile paesaggio fiabesco.

Vera Agosti

Luca Alinari

Autodidatta, Luca Alinari viene presentato per la prima volta al pubblico nel 1968 con una personale presso la Galleria Inquadrature di Firenze. Tra il 1972 e il 1973 espone nelle principali gallerie private di Firenze, introdotto dal poeta e amico Alfonso Gatto. Nel corso degli anni Ottanta ottiene i primi riconoscimenti ufficiali con la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1982 e alla XI Quadriennale romana nel 1985. Nel 1990 è invitato a realizzare il “Cencio” per il Palio di Siena, il drappo che viene consegnato al vincitore. Si afferma sulla scena artistica nazionale nel 1993, in occasione della mostra antologica allestita presso Palazzo Reale di Milano. A Firenze nel Corridoio Vasariano degli Uffizi, dal 1999 è esposto il suo Autoritratto. Nel 2009 espone 45 opere al Beijin Today Art Museum di Pechino, al Centro per l’Arte Contemporanea SunShine di Shanghai e al Museo di Arte Contemporanea di Kun Shan, città satellite di Shanghai. Nel 2011 a Città di Castello è la volta della personale intitolata “Gelo”. Sempre nel 2011 disegna il logo dei Mondiali di Ciclismo 2013, per la prima volta con gare in Toscana. Nel settembre 2011 presso il Palazzo Medici del Vascello di Asti viene ospitata una sua importante esposizione. Nel 2014 è premiato allo Spoleto Festival Art e riceve il Premio Nazionale Castruccio. Nel 2015 ottiene il premio “Filo d’argento” per la pittura e la medaglia Florentia Mater. Nel 2016, la mostra delle opere degli anni Settanta a Palazzo Pitti a Firenze e l’antologica alla Casa del Mantegna di Mantova.